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Agenas. Calcio d'inizio per la Piattaforma Nazionale di Telemedicina

Quotidiano sanità, 04 febbraio 2025

La sfida è assistere, entro dicembre 2025, almeno 300mila pazienti attraverso gli strumenti di telemedicina. Un numero che continuerà ad aumentare fino a raggiungere circa 790.000 pazienti. Sono 90.369 le postazioni per l’erogazione delle prestazioni di telemedicina a disposizione degli operatori sanitari. Per l’implementazione dei servizi minimi di Telemedicina sono state effettuate due gare mediante le regioni capofila Lombardia e Puglia

Calcio d’inizio per la Piattaforma Nazionale di Telemedicina che ha avviato, in queste settimane, la fase di popolamento dei dati da parte delle Regioni e Province Autonome. Un partenza che permetterà, entro dicembre 2025, l’assistenza di almeno 300mila pazienti attraverso gli strumenti di telemedicina. Un numero che continuerà ad aumentare fino a raggiungere circa 790.000 pazienti come previsto dal DM salute 28 settembre 2023.

Dal teleconsulto alla teleassistenza fino al telemonitoraggio di base e avanzato, questi i servizi di telemedicina che saranno messi a disposizione, attraverso 90.369 postazioni, dei professionisti sanitari che operano nelle Farmacie rurali, Studi medici, Case di Comunità/Ospedali di Comunità/Centrali Operative Territoriali ed Enti sanitari.

L’infrastruttura tecnologica – che consentirà al Servizio sanitario nazionale di migliorare la corretta presa in carico dei pazienti, in modo equo su tutto il territorio nazionale, e che vede Agenas coinvolta in qualità di soggetto attuatore di una delle una delle linee di investimento previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (M6C1 Investimento 1.2.3.1) – è stata presentata oggi nel corso di un evento ad hoc organizzato a Roma presso l’Agenzia.

Per l’implementazione dei servizi minimi di Telemedicina sono state effettuate due gare mediante le regioni capofila Lombardia e Puglia. La prima per le acquisizioni delle Infrastrutture Regionali di Telemedicina (IRT) legate all’erogazione dei servizi minimi (finanziata con 340.819.917 ripartiti tra le Regioni e PP.AA con fondi PNRR); la seconda per l’acquisto delle postazioni di lavoro e la relativa logistica (finanziata con 186.281.702 euro ripartiti tra le Regioni e PP.AA con fondi PNRR).

Nello specifico:

  • Gara Regione Lombardia. Sono stati acquistati dalle Regioni e PP.AA. i seguenti servizi minimi di Telemedicina: Televisita: 13 Regioni e PP.AA. aderenti su 21; Teleconsulto: 14 Regioni e PP.AA. aderenti su 21; Teleassistenza 15 Regioni e PP.AA. aderenti su 21; Telemonitoraggio di base (pazienti bassa/media complessità): 17 Regioni e PP.AA. aderenti su 21; Telemonitoraggio avanzato (pazienti ad alta complessità): 18 Regioni e PP.AA. aderenti su 21.

Agenas ricorda che le Regioni e le PP.AA. che non hanno aderito alla gara della Regione Lombardia hanno individuato al proprio interno i servizi minimi per l’erogazione delle prestazioni.

  • Gara Regione Puglia. Sono 90.369 le postazioni per l’erogazione delle prestazioni di telemedicina da mettere a disposizione degli operatori sanitari in strutture quali: Farmacie rurali, Studi medici, Case di Comunità/Ospedali di Comunità/Centrali Operative Territoriali, Enti sanitari. Gli operatori sanitari che dovrebbero far uso della strumentazione e delle postazioni acquisite sono: Medici del ruolo unico (42.674); Medici specialisti (121.969); Pediatri di Libera scelta (6.650); Infermieri (99.161); Professionisti sanitari (121.597).
  • Aspetti operativi: Dal punto di vista tecnologico, la Piattaforma Nazionale di Telemedicina si compone di un’Infrastruttura Nazionale di Telemedicina (INT) di livello centrale e 21 Infrastrutture Regionali di Telemedicina (IRT) nelle Regioni/PP.AA. preposte all’erogazione dei servizi minimi di telemedicina.

 

La INT, attuata da Agenas, mette a disposizione “servizi abilitanti” per lo sviluppo, l’armonizzazione e il monitoraggio dei servizi di Telemedicina. Inoltre, grazie all’adozione di standard internazionali, governa e permette l’interoperabilità tra i servizi delle diverse Regioni/PP.AA., con l’obiettivo di migliorare la qualità e la quantità dell’offerta sanitaria. Sempre in questa ottica di cooperazione, la INT è allineata con le altre infrastrutture e iniziative europee, supportando la strategia di utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in ambito sanitario per migliorare la salute e l’assistenza dei cittadini nonché la creazione dell’EU Health Data Space.

L’operatività della INT è assicurata mediante lo sviluppo di un apposito linguaggio – curato dai professionisti Agenas – che permette di descrivere le attività da svolgere per erogare prestazioni e servizi sanitari in telemedicina.

Un linguaggio utilizzabile e leggibile sottoforma di grafici dagli operatori del sistema nonché trasformato in istruzioni informatiche subito eseguibili dalle piattaforme regionali e interoperabile con il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 e con l’Ecosistema dei Dati Sanitari (Eds).

L’introduzione di un linguaggio uniforme consente di implementare sistemi di telemedicina su tutto il territorio nazionale caratterizzati da un elevato livello di confrontabilità, tracciabilità e verificabilità ma al contempo con un’ampia capacità di personalizzazione. Ciò consente di fornire al professionista sanitario uno strumento di supporto organizzativo all’utilizzo della telemedicina comune su tutto il territorio nazionale, e agli attori coinvolti a vario livello nel governo dei servizi di accedere a funzionalità utili per finalità di governo e ricerca.

  • Aspetti amministrativi: Agenas, mediante una procedura di partenariato pubblico privato, e con la collaborazione preventiva di ANAC (finalizzata a verificare la conformità degli atti), ha affidato la progettazione, realizzazione e gestione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina in concessione a PNT Italia S.r.l., società costituita per il 60% da Engineering Ingegneria Informatica S.p.A. e per il 40% da Almaviva S.p.A., per la durata complessiva di 10 anni. Il contratto è stato siglato alla presenza del Ministro l’8 marzo 2023.

 

Il 16 gennaio scorso, il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso parere favorevole sullo Schema di decreto del Ministero della salute recante la disciplina dei trattamenti di dati personali nell’ambito dell’infrastruttura Piattaforma nazionale di telemedicina. Si tratta di un provvedimento – da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’innovazione tecnologica – che modifica anche il decreto del Ministero della salute del 7 settembre 2023 e lo schema di decreto sull’Ecosistema Dati Sanitari (EDS). I prossimi passaggi per l’approvazione definitiva dello schema di decreto prevedono il parere dell’Agenzia per la cybersicurezza oltre che sentire la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Dalla tac alle mammografie. Quasi il 40% delle grandi apparecchiature sanitarie ha più di dieci anni. Il Report Agenas

di Ester Maragò
Quotidiano sanità, 13 dicembre 2024

Il 34% non supera i 5 anni, il 29% ha tra 5 e 10 anni, il 37% più di 10 anni. Il “parco macchine” più vecchio si concentra in Friuli-Venezia Giulia, P.A. di Trento, Molise, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta. Quello più “giovane” in Liguria, Lombardia, Marche, Veneto e Lazio.

Ben 8.228 apparecchiature tra Tac, Risonanze magnetiche, Acceleratori lineari, Sistemi robotizzati per chirurgia endoscopica, TC/PET, Gamma camere computerizzate, Sistemi TC/Gamma camera, Mammografi e Angiografi.
Il 34% non supera i 5 anni, il 29% ha tra 5 e 10 anni, il 37% più di 10 anni. Quelle più numerose? TC (37,3 per mln di abitanti), mammografi (35,2) e RM (32,9 per milione di abitanti).

La maggioranza delle grandi apparecchiature è collocata nel pubblico (il 51%), il 44% nel privato accreditato e il 6% nel privato. Ma con alcuni distinguo, il 60% delle risonanze magnetiche è in uso nelle strutture private accreditate e il 52% dei mammografi nel privato (accreditato e non accreditato). Il “parco macchine” che si concentra in particolare in Lombardia, Lazio e Campania. Mentre Lombardia, Lazio, Campania e Mo­lise sono le Regioni con il maggior numero di apparecchiature situate in strutture private accreditate rispetto alle quelle pubbliche.

Questa l’istantanea sulla distribuzione delle grandi apparecchiature sanitarie nelle strutture sanitarie pubbliche, private accreditate e private non accreditate italiane scattata dall’Agenas che dedica un Report ad hoc nel nuovo Quaderno di Monitor realizzato con la collaborazione delle Società Scientifiche di settore e del Ministero della salute che, in particolare, ha fornito i dati aggiornati a maggio 2024.

L’obiettivo del Report è rendere disponibile la conoscenza aggiornata della dotazione, distribuzione sul territorio nazionale, livello tecnologico e obsolescenza delle grandi apparecchiature presenti nelle strutture delle varie Regioni e Province Autonome. Il livello tecnologico delle apparecchiature sanitarie e la loro adeguata distribuzione sul territorio rivestono un ruolo fondamentale nel garantire la qualità dell’assistenza erogata dal Ssn, l’equità nell’accesso alle prestazioni, la riduzione dei tempi di degenza e delle liste d’attesa, la razionalizzazione delle risorse.

I numeri in sintesi
Le apparecchiature più numerose rispetto alla popolazione sono le TC, mammografi e RM. A livello europeo, l’Italia ha un numero di TC e RMN per milione di abitanti paragonabile a quello della Germania (36,5 TC e 35,2 RM per mln di ab.) e superiore a quello di altri Paesi quali Spagna (21,4 TC e 20,3 RM per mln di ab.) e Francia (19,5 TC e 17 RM per mln di ab.).

Ma, anche in questo settore, la caratteristica che contraddistingue il nostro paese è la variabilità tra le Regioni.
I mammografi ad esempio si concentrano in particolare nel Lazio, Liguria, Umbria con numeri (misurati per milione di abitanti) superiori alla media nazionale, al contrario sono “più scarsi” in Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Marche e nelle Pro­vince Autonome. Le risonanze magnetiche, sono più numerose Liguria, Molise, Lazio, Umbria, Veneto meno in Abruzzo, Mar­che, Piemonte.
Campania, Lazio, Molise, Sicilia, Umbria fanno il pieno di TC, mentre numeri inferiori alla media nazionale si riscontrano in Emilia-Romagna, Vene­to, Friuli e Province Autonome.

Come segnalato nei giorni scorsi è anche l’anzianità di servizio del “parco macchine” e fare la differenza in molte Aziende sanitarie. Sono ancora tante le appa­recchiature che progressivamente superano i 10 anni per le quali il finanziamento PNRR accelererà il ricambio, anche se evidenzia Agenas “i dati sulle acquisizio­ni più recenti potrebbero non essere ancora completi” e le dismissioni necessitano di ulteriori verifiche.

Comunque le Regioni con una più alta percentuale di apparecchiature “anziane”, quindi con più di 10 anni di età sono il Friuli-Venezia Giulia, il Molise, la P.A. di Trento, il Molise, la Sardegna, la Sicilia e la Valle d’Aosta. Liguria, Lombardia, Marche, Ve­neto e Lazio sono le Regioni con una più alta percentuale di apparecchiature con meno di 5 anni di età.

Mobilità sanitaria ospedaliera. Calano i ricoveri fuori regione ma ci si sposta di più per le cure ad alta complessità che fanno lievitare la spesa. Cresce il ricorso al privato. Emilia Romagna, Lombardia e Veneto sempre le più attrattive

di Ester Maragò
Quotidiano sanità, 12 dicembre 2024

Italiani un popolo in movimento che continua a migrare per farsi curare fuori dalla propria Regione di appartenenza. Ma qualcosa sta cambiando dopo lo stop forzato della pandemia. Nel 2023 l’esodo ha rallentato la sua corsa in particolare per le cure di bassa e media complessità: gli italiani hanno iniziato a prediligere gli “ospedali di casa”, tant’è che il numero dei ricoveri fuori Regione è diminuito passando dai 707.811 del 2019 a 668.145 ricoveri nel 2023.

Ma quanto si tratta di cure ospedaliere ad alta complessità il fenomeno migratorio non si arresta, anzi si rafforza: rispetto al 2019 la migrazione è aumentata del 12%. A testimoniarlo il seppur lieve incremento del giro d’affari che dai 2,84 miliardi di euro del 2019 è arrivato a 2,88 miliardi nel 2023. Una crescita della spesa legata proprio ai Drg di alta complessità, che comportano trattamenti più costosi e specializzati. Le strutture ospedaliere più gettonate? Quelle private accreditate, che gestiscono circa i tre quarti delle prestazioni di alta complessità.

Solo un aspetto non cambia, il flusso migratorio per ricoveri ospedalieri continua a procedere da Sud verso Nord. Anche se si tende sempre di più a spostarsi tra le regioni del Centro-Nord, soprattutto quelle di confine. In termini percentuali, il Nord attira l’83,78% del flusso migratorio, il Centro il 68,24% e il Sud si ferma al 27,22%.

A livello regionale non si appanna l’appeal delle strutture ospedaliere di Emilia-Romagna, Lombardia (che arretra in seconda posizione) e Veneto. Regioni che continuano a registrare un saldo economico in attivo, insieme a Toscana, Piemonte, Trento e al piccolo Molise (caratterizzato però anche da una fuga dei pazienti). La Regione con il più alto saldo negativo è la Campania che ha però ridotto del 6% le spese legate alla mobilità passiva diventando sempre più attrattiva sul fronte delle cure ad alta complessità. Ma in generale sono tutte al Sud le regioni che scontano la mobilità in uscita: oltre alla Campania (-211,3 mln di spese da rimborsare), la Calabria (-191,8 milioni), la Sicilia (-139,6 milioni) e la Puglia (-126,9 milioni).

È questo è il quadro tracciato dal terzo Rapporto di Agenas sulle principali dinamiche della Mobilità sanitaria interregionale, realizzato in collaborazione e su mandato del ministero della Salute. Anche quest’anno sono finite sotto la lente la mobilità “apparente” costituita dai ricoveri effettuati nella regione di domicilio del paziente ma non in quella di residenza, quella “casuale” relativa ai ricoveri effettuati in urgenza e la mobilità “effettiva” determinata dalla scelta del cittadino/paziente.

Vediamo quali sono i principali dati sulla mobilità sanitaria interregionale

Negli anni il trend di spesa per la mobilità sanitaria – dopo la pausa della pandemia che ha fatto registrare un crollo della spesa (2.12 mld di euro) – è leggermente risalito: da 2,84 miliardi di euro nel 2019 è passato a 2,88 miliardi nel 2023. Le componenti di mobilità casuale e apparente sono rimaste pressoché stabili nel corso degli anni. Mentre a pesare di più sul piatto della bilancia nel 2023 sono i costi legati alla mobilità per prestazioni di alta complessità (+12%), in soldoni rispetto al 2019 sono cresciuti di circa 144 mln. La seconda voce di spesa è invece quella legata alla componente di media/bassa complessità diminuita invece del 12% (- 85mln di euro).

I Drg ad Alta complessità riguardano 105.288 ricoveri e pesano per 1.214.963.993 euro, quelli Media/Bassa complessità interessano 353.057 ricoveri e la spesa è di 950.162.018. Sono invece a rischio inappropriatezza 77.881 ricoveri e pesano 151.007.241 euro.

Le strutture ospedaliere maggiormente attrattive sono quelle private accreditate, che gestiscono circa i tre quarti delle prestazioni di alta complessità (circa il 72%), ma anche sulla media complessità rimane più attrattivo rispetto al pubblico.

Le Regioni più attrattive per la mobilità sanitaria sono l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto. Il loro appeal è in gran parte dovuto ai Drg legati alle malattie e disturbi del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo, che rappresentano per le tre regioni rispettivamente il 52%, il 31% e il 34% dell’attrazione totale.
Le Regioni con il maggior saldo positivo sono l’Emilia-Romagna e la Lombardia: rispettivamente con 387 milioni e 383 milioni. I saldi negativi più “pesanti” si registrano in particolare nelle regioni del Sud. La Campania sborsa per la mobilità passiva ben 211,3 mln, la Calabria 191,8 mln, la Sicilia 139,7 mln e la Puglia 126,8 mln.

Da considerare inoltre, sottolinea Agenas, alcune variazioni più interessanti rispetto al 2019. A partire dall’Emilia Romagna che migliora la sua attrattività: rispetto al 2029 i ricavi per la mobilità attiva sono cresciuti del 19%, mentre al contrario la Lombardia ha subito una contrazione del 10,2%.
In crescita anche i ricavi del Veneto e del Lazio (+11%). In particolare il Lazio ha registrato una riduzione del saldo negativo grazie alla diminuzione dei costi di mobilità passiva (-9%).
Anche la Campania, Regione che paga di più per la fuga dei pazienti, inizia ad invertire il trend: ha ridotto i costi legati alla mobilità passiva del 6% e ha incrementato i ricavi grazie a una crescita dei ricoveri in mobilità attiva di alta complessità, conquistando un +18%. Spicca anche il dato della Regione Umbria che vede schizzate in avanti gli esborsi per la guga dei propri cittadini (+24%).

Il commento del Dg di Agenas

I report dell’Agenas “non vogliono dare voti ma supportare con elementi concreti le scelte della politica nazionale e regionale, vogliamo con le nostre relazioni ad aiutare a portare i correttivi ai sistemi nazionali e regionali con metodo asettico e scientifico. Non diamo classifiche ma misuriamo. La mobilità sanitaria tra le regioni è indotta da errori che si fanno, anche noi li facciamo, ma ci si deve fermare e se ci sono errori vanno corretti. In Francia la mobilità non è problema, c’è la mutua che paga e al cittadino che va da Marsiglia a Digione non importa molto. Attenzione, c’è una direttiva europea che permette la mobilità all’interno degli stati europei e quindi non vorrei che tra dieci anni ci ritroviamo a discutere di cittadini che si curano in Francia, in Portogallo o in Polonia” ha affermato Domenico Mantoan, direttore generale dell’Agenas, nell’intervento finale della presentazione dei dati sulla mobilità sanitaria interregionale 2023.

“La mobilità sanitaria in Italia è un problema perché se sfili ogni anno 250 mln dal bilancio della Campania, gli togli un pezzo di risorse a De Luca. Con quei soldi in meno avrà problemi ad organizzare la sanità regionale – continua Mantoan citando un esempio – La Costituzione ci dice che la sanità va garantita in maniera uniforme e così non lo stiamo garantendo. Se il progetto è quello di avere degli ospedali di riferimento nazionali, torniamo all’antico perché spesso è meglio del nuovo, in questa mobilità di livello nazionale si deve tenere conto delle eccellenze che già ci sono. Ao di Padova, faccio un esempio, dove – osserva – si fanno 4 tipologie di trapianti, in questa rete nazionale chi la organizzerà deve tenere conto che dove c’è quello è un polo ed è inutile replicare un centro da una altra parte, dietro un trapianto c’è una rete e tanti professionisti. Semmai facciamo in modo che ci sia un finanziamento dedicato visto che saranno riferimenti nazionali e i Drg possiamo abbatterli, certe eccellenze vanno valorizzate”.

In ultimo la questione delle tariffe, “sono ferme e non è serio tenerle bloccate per 20 anni perché poi quella volta che provi ad affrontarle hai numeri spaventosi, tipo 4 mld. Stiamo sottofinanziando il pubblico e il privato e non va bene – ha concluso Mantoan – facciamo le tariffe nazionali e basta quelle regionali, una sola aggiornata”.

Italia spaccata a metà. Le migliori performance manageriali di Asl e Ao tutte al Nord. E il Sud si conferma fanalino di coda. I dati di Agenas

di Ester Maragò
Quotidiano sanità, 28 novembre 2024

L’Azienda Ulss 8 Berica (Vicenza) e poi l’Ats di Bergamo​ l’Azienda Ulss 6 Euganea, l’Azienda Ulss 1 Dolomiti​ e l’Azienda Usl Bologna sono quelle che fanno registrare le migliori performance. Di contro, a guidare la classifica delle Asl con le peggiori performance la Asl Napoli 1 Centro, seguita dall’Asp di Crotone, l’Asl di Matera, l’Asp di Enna e quella di Vibo Valentia. L’Ao Santa Croce e Carle è l’Azienda Ospedaliera con le migliori performance. Presentato al Forum Risk Management di Arezzo il modello di valutazione multidimensionale della performance manageriale nelle aziende ospedaliere e territoriali pubbliche

Le prime 5 Aziende sanitarie territoriali con un alto livello di performance manageriali nelle aree prevenzione, distrettuale, ospedaliera, sostenibilità economica-patrimoniale e outcome? Tutte al Nord. In testa l’Azienda Ulss 8 Berica di Vicenza e poi l’Ats di Bergamo​ l’Azienda Ulss 6 Euganea, l’Azienda Ulss 1 Dolomiti​ e l’Azienda Usl Bologna.

Quelle invece complessivamente meno performanti? Tutte al Sud e sono capitanate dalla Asl Napoli 1 Centro seguita dall’Asp di Crotone, dall’Asl di Matera, dall’Asp di Enna e dall’Asp di Vibo Valentia.

Guidano invece la classifica delle Aziende Ospedaliere con alte performance manageriali sul fronte dell’accessibilità, gestione dei processi organizzativi, sostenibilità economico-patrimoniale e investimenti: l’Ao Santa Croce e Carle di Cuneo seguita dall’Aou Padova, dall’Aou Policlinico Tor Vergata di Roma e dall’Aou Sant’Andrea sempre nella Capitale. Chiude la cinquina l’Aou Policlinico San Matteo di Pavia.

È questa l’istantanea scattata da Agenas che ha presentato i dati aggiornati al 2023 del modello di valutazione multidimensionale della performance manageriale delle Aziende sanitarie pubbliche, ospedaliere e territoriali. L’occasione, la 19esima edizione del Forum Risk Management in corso ad Arezzo.

A finire sotto la lente degli analisti le attività di 110 Aziende territoriali e 51 Aziende ospedaliere. Riguardo le prime, il monitoraggio si è basato sulla valutazione di 34 indicatori classificati in 6 aree (prevenzione, distrettuale, ospedaliera, sostenibilità economica-patrimoniale, outcome) e 12 sub-aree. Per quanto riguarda invece le Aziende ospedaliere, gli indicatori presi in considerazione sono stati 27, classificati in 4 aree (accessibilità, gestione dei processi organizzativi, sostenibilità economico-patrimoniale, investimenti) e 10 sub-aree.

A conti fatti, il mix di tutte le aree analizzate nelle Aziende territoriali ha portato all’individuazione di 30 aziende con una valutazione complessiva buona, 53 con valutazione intermedia, 27 con una valutazione migliorabile. Invece, tra le Aziende Ospedaliere, sono 13 quelle con una valutazione complessiva buona, 25 hanno conquistato una valutazione intermedia e 27 una valutazione migliorabile.
Ma tirando le somme i dati restituiscono un‘Italia dove in molte aree e con qualche rara eccezione, il gap tra il Nord e il Sud ancora non si colma.

Ma vediamo i dati in sintesi

Le Aziende sanitarie territoriali

Le attività delle 110 Aziende territoriali misurate attraverso i 34 indicatori, sono state suddivise in cluster in considerazione del numero di cittadini presi in carico, ovvero meno di 250mila abitanti; tra i 250mila e i 400mila abitanti; tra i 400mila e i 700mila abitanti; superiori a 700mila abitanti.

Come abbiamo visto e considerando il mix di tutte le aree valutate, le 5 Aziende che raggiungono un livello maggiore di performance sono l’Azienda Ulss 8 Berica; l’Ats di Bergamo​; l’Azienda Ulss 6 Euganea; l’Azienda Ulss 1 Dolomiti​ e l’Azienda Usl Bologna. Le meno performanti sono la Asl Napoli 1 Centro seguita dall’Asp di Crotone, dall’Asl di Matera, dall’Asp di Enna e dall’Asp di Vibo Valentia.

Area della Prevenzione: la valutazione degli indicatori rispetto le percentuali di screening (Mammella, Cervice, Colon) eseguiti sulla popolazione target, evidenzia come le Asl delle regioni del Nord-Est registrino un livello alto/molto di screening eseguiti. Nel Nord Ovest non mancano aree critiche (Valle D‘Aosta). Freno a mano tirato nelle Asl delle regioni del Centro e del Sud che presentano mediamente valori bassi. Particolarmente critiche le performance in Campania e in Calabria.
Conquistano la classifica delle Aziende sanitarie con le migliori performance manageriali sul fronte della prevenzione: la Asp Trento, Ats della Montagna, Ausl Reggio Emilia, Ausl Dolomiti e la Ausl Toscana Nord Ovest.
Spicca in particolare con alte performance per lo screening alla mammella la Asl di Trento (76% della popolazione raggiunta) di contro l’Asp di Reggio Calabria raggiunge una modestissima copertata dell’1,4%. Le migliori performance per lo screening del colon le conquista la Ussl Berica (65%) e Marca Trevigiana (63%); fanalino di coda la Asp di Cosenza: non raggiunge l‘1%.

Area Assistenza distrettuale: la valutazione degli indicatori (dotazione dei servizi territoriali; cure primarie; presa in carico del territorio; ospedalizzazioni evitabili e il consumo di prestazioni di specialistica ambulatoriale) restituisce un quadro molto omogeneo a livello nazionale con la maggioranza delle Asl dotate di un livello di performance medio.
Nella classifica delle best practice figurano: Asl Vercelli, Asl Torino 4, Asl Torino 5, Asl Biella, Asl Verbano-Cusio-Ossola.
Per quanto riguarda le cure primarie (assistiti adulti per Mmg, pediatrici per Pls e contatti per Mca), le migliori performance si registrano nella Ausl Bologna, Ausl Modena, Ausl Reggio Emilia, Asl 6 Medio Campidano e Ausl Ferrara. Sul fronte della presa in carico territoriale (Adi assistiti over 65, assistiti DSA, assistiti in trattamento sanitario residenziale, accessi in PS evitabili over 75, allarme target) le migliori Asl sono quella di Vercelli, la Asl Genovese, Ausl Piacenza, Ausl Imola e la Ausl Reggio Emilia. Qualche esempio, in particolare sul fronte dell’assistenza domiciliare (il valore medio nazionale è pari a 8,5%): la Asl di Imola raggiunge il 18% degli assistiti over 65. Si ferma invece al 2,2% l’Asp di Messina.

Area Assistenza ospedaliera: la valutazione degli indicatori (degenza media nei reparti di medicina interna e geriatria; l’indice di fuga per prestazioni di media e bassa complessità; il rispetto dei tempi di attesa per gli interventi di colecistectomia, protesi all’anca, ginocchio e spalla) restituisce un comportano variegato con il raggiungimento di alti livelli di performance sia al Nord che al Sud. Ma anche criticità nel Nord Ovest e al Centro Italia.
Sulla base di tutti gli indicatori considerati per questa area le 5 migliori Aziende territoriali sono la Asp di Bolzano, Aso di Messina, Asl di Cagliari, Asl Foggia e Ats Brescia

Area Sostenibilità economico-patrimoniale: la valutazione degli indicatori (costi pro-capite e l’indice di tempestività dei pagamenti) registrano performance nelle Asl del Centro-Nord con livelli maggiori rispetto a quelle del Sud, dove molte provincie sono in affanno. Mediamente i costi pro capite si attestano sui 2.100 euro a cittadino. Ma si va dai circa 3mila euro di Bolzano ai 1.700 a Napoli Nord.
Sul totale degli indicatori considerati le 5 migliori performance si registrano nelle: Ulss Berica, Ulss Euganea, Ats Bergamo, Ulss Marca Trevigiana, Ulss Pedemontana.
A parità costi totali pro capite e servizi resi le 5 aziende con le migliori performance manageriali sono: l’Ats di Bergamo, Ausl di Parma, Asl Novara, Ats Brianza e la Asl Genovese. Le peggiori: Asl di Matera, Asl Napoli 1 Centro, Asp Crotone, Asp Enna e la Asl di Pescara.

Area Investimenti: la valutazione degli indicatori (capacità di rinnovamento tecnologico e lo stato del patrimonio) evidenzia bassi livelli di performance in moltissime Asl a livello nazionale. Con pochissime eccezioni. Le 5 Aziende che hanno fatto registrare le migliori performance sono: Ats della Montagna, Ats Pavia, Asl Caserta, Asl 3 Nuoro e la Asl 3 Oristano.

Area Outcome (Esiti): la valutazione degli indicatori (mortalità prevenibile e trattabile) indica come i tassi di mortalità siano molto più bassi al Centro-Nord. Fanno eccezione le Asl della Regione Lazio. Criticità al Sud, anche qui con qualche rara eccezione.
Le 5 migliori Asl per mortalità evitabile sono la Ulss Marca Trevigiana, Asp Trento, Ast 1 Pesaro e Urbino, Azienda sanitaria di Bolzano e la Ulss 9 Scaligera.
Quelle con le peggiori performance: la Asp Siracusa, Asl Napoli 3 Sud, Asl Caserta, Asl Napoli 2 Nord, Asl Napoli 1 Centro (in questa Asl la mortalità evitabile è di 29,1 ogni 10mila abitanti doppia rispetto ad esempio a quella registrata nella Asl Pesaro Urbino).

Valutazione multidimensionale nelle Aziende Ospedaliere e Aziende Ospedaliere Universitarie pubbliche

Rispetto al monitoraggio delle aziende ospedaliere e aziende ospedaliero- universitarie, gli indicatori presi in considerazione sono 27 classificati in 4 aree (accessibilità, processi organizzativi, sostenibilità economico-patrimoniale, investimenti) e 10 sub-aree. Anche in questo caso, al fine di ottenere valutazioni omogenee, sono stati individuati quattro cluster con riferimento alla presenza o meno dell’Università e al numero di posti letto, inferiore o superiore a 700.

Il risultato del mix di tutte le aree analizzate porta all’individuazione di 13 aziende con una valutazione complessiva buona: le prime cinque sono Ao Santa Croce e Carle (CN); Aou Padova (PD); Aou Policlinico Tor Vergata (RM); Aou Sant’Andrea (RM); Aou Policlinico San Matteo (PV). Hanno una valutazione intermedia 25 Aziende: le prime 5 sono Ao SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo (Al), Ao San Giovanni Addolorata (Rm), Aou Maggiore della Carità (No), Aou Marche (An) e Ao Perugia. Invece sono 13 quelle con una valutazione migliorabile.

Area accessibilità: sono stati analizzati il rispetto dei tempi di attesa di alcuni interventi chirurgici (di cui quattro interventi per tumori) e due indicatori relativi al pronto soccorso (tempo di permanenza e abbandoni). Sono cinque aziende con performance più alta, concentrate in regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto e Toscana).

Area dei processi organizzativi: dalla valutazione degli indicatori di appropriatezza, efficienza ed attrattività, emerge come le performance di buon livello siano più presenti, sia in aziende del nord che del centro Italia. Agenas segnala che questa area è quella in cui si rileva un maggior miglioramento rispetto all’anno 2022.

Area sostenibilità economico-patrimoniale: la valutazione degli indicatori relativi a quest’area mostra un lieve peggioramento a livello nazionale rispetto al 2022, ascrivibile alla sub-area dei costi operativi. Le aziende con buone performance sono localizzate prevalentemente al centro-nord, ma anche in un’azienda della Sicilia.

Area investimenti: le performance migliori si riscontrano nelle regioni del sud, in particolare in Campania dove tutte le aziende raggiungono un buon punteggio di performance, con una punta di eccellenza in un’azienda del Lazio.

Approfondimento fabbisogno del personale
Rispetto alle aziende ospedaliere universitarie e alle aziende ospedaliere, l’Agenzia ha effettuato un approfondimento sul personale medico ed infermieristico (ore lavorate nel 2023), applicando la metodologia per la determinazione degli standard di personale del Ssn elaborata da Agenas. Questo è stato possibile a partire dall’anno in corso grazie ai dati presenti nel conto annuale del Ministero dell’economia e delle finanze- IGOP.

Lo strumento è stato sviluppato in coerenza con la riorganizzazione della rete ospedaliera di cui al Dm 70 e consente di determinare per ogni specifica struttura il personale necessario, per singolo reparto, tenendo conto dei posti letto disponibili, dei volumi di attività e della tipologia di pazienti assistiti.

Nella valutazione delle performance delle aziende ospedaliere e aziende ospedaliere universitarie, sono state verificate le ore lavorate – espresse in FTE complessivi – della dirigenza medica e degli infermieri nell’anno 2023 di tre delle prime aziende con migliore performance:

  1. AO Santa Croce e Carle dirigenza medica: le ore lavorate convertite in FTE, sono prossime al valore di fabbisogno massimo determinato secondo la metodologia; personale infermieristico le ore lavorate superano il fabbisogno massimo.
  2. AOU di Padova: sia per la dirigenza medica sia per gli infermieri, le ore lavorate superano il valore di fabbisogno massimo determinato secondo la metodologia.
  3. AOU S. Andrea dirigenza medica: le ore lavorate superano il valore di fabbisogno massimo determinato; personale infermieristico: le ore lavorate sono comprese nella forbice minimo-massimo.

“Si ricorda – specifica Agenas – che il sistema di calcolo proposto permetterà ad ogni Regione di definire ogni anno un numero minimo di medici ed infermieri che consenta di aprire un reparto, nonché di ottenere l’accreditamento, e un numero massimo per farlo funzionare con efficienza. La metodologia può costituire un primo strumento di confronto sia a livello nazionale (tra diversi contesti regionali) che regionale (tra presidi ospedalieri), facendo emergere buone pratiche e, quindi, situazioni in cui la coerenza con la programmazione si coniuga con efficacia ed efficienza”.

Cure in ospedale: ecco l’Italia delle disuguaglianze.

Dall’ictus ai parti cesarei, provincia che vai assistenza che trovi

di Ester Maragò
Quotidiano sanità, 4 novembre 2024

Bassa proporzione di Ptca entro i 90’ nei pazienti con Infarto Stemi in provincia di Udine, Sassari, Olbia Tempio e Reggio Calabria. Peggiori esiti di mortalità dopo ictus ischemico nella provincia di Latina e Reggio Calabria, ma è allarme rosso anche nella provincia di La Spezia (che invece va bene sul Ptca entro 90′) e nella Asl di Verbano-Cusio-Ossola in Piemonte. Troppi parti cesarei nel Meridione. La cartografia dell’Italia disegnata da Agenas.

Non solo nascere in una determinata Regione può fare la differenza, ma anche abitare in una provincia della stessa Regione può rappresentare un discrimine sul fronte della qualità degli esiti delle cure. L’Italia si presenta infatti decisamente a macchia di leopardo, con differenze non solo regionali, ma spesso e volentieri intraregionali.

Questa la fotografia scattata dall’edizione 2024 del Programma Nazionale Esiti, presentata nei giorni scorsi, i cui dati hanno consentito di valutare la qualità dell’assistenza ospedaliera (in linea quindi con le soglie del Dm 70) entrando nelle specifico delle zone di residenza dei cittadini (Asl o Provincia). Quattro le aree sotto la lente: la proporzione di Ptca entro i 90’ nei pazienti con Infarto Stemi; frattura di femore negli over65 operati entro le 48 ore; proporzione di tagli cesarei primari e Ia mortalità a 30 giorni per ictus Ischemico.

Dal quadro generale, spiegano gli analisti di Agenas, emerge un gradiente Nord-Sud a svantaggio delle regioni meridionali per gli esiti dopo ictus ischemico, sia a breve che a lungo termine. A fronte del miglioramento del valore nazionale, si rilevano diffuse aree sottosoglia per gli indicatori di Ptcs entro 90′ dopo infarto Stemi e per l‘intervento per frattura di femore entro 48 ore. Si conferma anche il gradiente Nord-Sud per i parti con taglio cesareo con una maggiore propensione al cesareo nelle strutture private accreditate rispetto alle pubbliche.

Vediamo nel dettaglio la cartografia dell’Italia nelle 4 aree sotto la lente.

Stemi: proporzione del Ptca entro 90’
La tempestività per questo intervento è fondamentale per la qualità degli esiti. Dalla fotografia scattata emerge con chiarezza uno scenario frammentato, con alcune regioni dove le differenze intraregionali sono più marcate e la maggioranza delle strutture non superano l’asticella del 60% dei pazienti trattati nei tempi previsti.

Nel Nord, spiccano le alte performance in Piemonte e Veneto e qualche area critica nel resto del settentrione. Più frammentata la qualità nelle Regioni del Centro e al Sud.
Le situazioni più critiche emergono nella provincia di Udine in Fvg e in Liguria in particolare nella provincia di Imperia (fa eccezione la provincia di La Spezia). Risultati negativi anche in Sardegna, in particolare nella provincia di Sassari e Olbia Tempio e nella provincia di Reggio Calabria, mentre brilla la Asl di Crotone. Non raggiungono la sufficienza Campania e Basilicata.

Frattura di femore in pazienti over 65 operata entro 48 ore
Per questo indicatore a livello nazionale c’è stato un miglioramento nel tempo, ma molte strutture non superano l’asticella del Dm 70. Anche in questo caso il Pne consegna uno scenario ad alta variabilità sia regionale sia intraregionale.
La provincia di Trento presenta performance d’eccellenza. Bene il Veneto, la Regione Marche, la provincia di Bari in Puglia, le provincia del sud della Sicilia e nel Lazio, regione ad alta variabilità, la città di Roma.
Quattro le regioni con aree preoccupanti: scenari particolarmente critici in Sardegna, dove nessuna delle strutture supera i valori soglia del Dm 70, performance sotto standard anche in Valle d’Aosta, Liguria, Umbria e Basilicata (con criticità elevate a Matera). Allarme rosso nella Asl di Frosinone nel Lazio e, in questo caso, a Crotone in Calabria.

Parti Cesareo
La cartografia restituisce un forte gradiente Nord Sud per quanto riguarda la propensione ai tagli cesarei primari.
Sul fronte delle strutture pubbliche, l’Italia si presenta con zone d’eccellenza principalmente nel Nord Italia, ad eccezione della Valle d’Aosta. Mentre al Centro al Sud e isole (ad eccezione della Basilicata) la cartina si colora di rosso e di arancione.

La distribuzione dei volume di parti tra strutture private accreditate e strutture pubbliche per Regione vede soltanto 9 regioni italiane con parti cesarei primari effettuati nel privato accreditato. Nel Lazio oltre la metà dei parti cesarei sono effettuati in strutture private accreditate, a seguire la Puglia con percentuali intorno al 20%. In Campania, Calabria e Sicilia c’è la maggiore concentrazione di parti cesarei effettuati in strutture private accreditate.

Mortalità a 30 giorni per ictus Ischemico
Un indicatore questo, sottolineano gli analisti di Agenas, sul quale nel corso degli anni è stato fatto un grande lavoro per migliorare il trattamento del paziente. La cartina mostra però in maniera chiara un‘Italia divisa in due, con aree verdi, quindi con esiti migliori, al Nord e al Centro e al contrario con una concentrazione di aree rosse estese al Sud.
Si colorano di rosso la Basilicata (Regione in particolare ritardo nell’attuazione dell’implementazione delle reti tempo dipendenti), il nord della Campania, la provincia di Latina e di Reggio Calabria.
Va detto però che anche il Nord non è esente da criticità, in particolare nella provincia di La Spezia si colora di rosso e nella Asl di Verbano-Cusio-Ossola in Piemonte.

Careggi, Aou Marche e Humanitas gli ospedali con le migliori performance.

Agenas presenta il nuovo Programma Nazionale Esiti (PNE).
Ricoveri in aumento, ma ancora troppe differenze a livello inter e intra-regionale

di Ester Maragò
Quotidiano sanità, 29 ottobre 2024

Il nuovo report mostra nel 2023 un aumento dei ricoveri programmati e diurni. Ancora in affanno invece i ricoveri urgenti. Boom di interventi per il trattamento tumore maligno della mammella che supera addirittura l‘asticella del 2019. Aumenta la tempestività di accesso entro 90’ all’angioplastica coronarica nei pazienti con infarto. In Sicilia la struttura ”più” veloce. A guidare gli ospedali con le migliori performance in più aree: l’Ao Careggi a pari merito con l’Aou delle Marche e come lo scorso anno sul podio l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. 

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